NOVITÀ DEL DECRETO CRESCITA PER GLI IMMOBILI

Sono tante le novità introdotte dal decreto crescita, il quale questa mattina ha ottenuto il via libera definitivo da parte del Parlamento. I punti principali riguardano la cedolare secca, gli affitti e l’IMU.

Cedolare secca
Per quanto riguarda la cedolare secca, è stata eliminata la sanzione nei confronti di chi si dimentica di confermare l’opzione sugli affitti al momento in cui viene prorogato il contratto (ad esempio nel caso di un 4+4, quando inizia il secondo quadriennio). In questo modo, con la soppressione della sanzione, la mancata presentazione del modello Rli per confermare la cedolare non comporterà più la decadenza dal regime, né la multa. Per il principio del favor rei si ritiene che l’eliminazione valga anche per il passato.

Imposte sugli affitti
Viene ritoccata anche la norma (articolo 26 del Tuir) secondo cui i redditi fondiari sono tassati in base alla “maturazione” e non alla “effettiva percezione”. È la disposizione in virtù della quale i possessori di immobili locati pagano anche sul canone non incassato, finché non viene risolto il contratto. Per gli affitti abitativi, si può “smettere” di pagare le tasse solo da quando si conclude il procedimento giurisdizionale di convalida dello sfratto per morosità del conduttore. L’unica consolazione è che il locatore matura un credito d’imposta in relazione alle tasse pagate su canoni che il giudice accerta non essere stati incassati. Ma occorre aspettare l’iter giudiziario, per l’appunto. Questa regola continua a valere per tutti i contratti stipulati quest’anno. Per quelli siglati dal 1° gennaio 2020, invece, il decreto crescita prevede la possibilità di non versare le imposte sui canoni la cui mancata percezione sia «comprovata dall’intimazione di sfratto per morosità o dall’ingiunzione di pagamento».

Imu e dichiarazione Imu
Nell’ambito dell’Imposta Municipale Unica, il termine per presentare la dichiarazione Imu slitta al 31 dicembre dell’anno successivo a quello cui si riferiscono i dati da comunicare. Attualmente, il termine è invece il 30 giugno. Inoltre, viene eliminato l’obbligo di presentare la dichiarazione Imu per chi vuole (e può) beneficiare della riduzione del 50% Imu e Tasi sulle case date in comodato, cioè in prestito gratuito, ai figli o ai genitori. D’altra parte, in questi casi il comodato va registrato alle Entrate.
Inoltre l’Imu sugli immobili strumentali, come i capannoni, diventa deducibile dal reddito d’impresa (la Tasi lo è già). Ma solo dal 2023. Prima di allora, la percentuale di deduzione ammessa crescerà gradualmente: 50% per l’Imu versata quest’anno (tecnicamente, il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018); 60% nel 2020 e 2021; 70% nel 2022.

Contratti a canone concordato
In tema di contratti a canone concordato, il decreto crescita prevede anche l’eliminazione dell’obbligo della dichiarazione Imu per le case affittate a canone concordato (che beneficiano di uno sconto statale del 25% su Imu e Tasi e, in molte città, hanno aliquote comunale ridotte). Per questi contratti, però, istruzioni ministeriali alla mano, la dichiarazione non è obbligatoria già oggi. Più interessante l’eliminazione di “qualsiasi altro onere di dichiarazione o comunicazione”, perché per questi contratti spesso i Comuni pretendono comunicazioni di vario genere. Resta invece l’obbligo di “bollinatura” (attestazione) per i contratti a canone concordato stipulati con il fai-da-te, senza l’assistenza delle associazioni di categoria.

Fonte: Il Sole 24 Ore